Antonio Brundu
ANTONIO BRUNDU
Antonio Brundu nasce a Perdasdefogu nel 1918. Apparteneva ad una famiglia numerosa composta da 9 figli e come possiamo ben immaginare l’aiuto in casa da parte di ogni componente era fondamentale, quindi per questo e per tanti altri motivi ha dovuto abbandonare la scuola alla soglia della terza elementare. Una delle materie in cui si applicava maggiormente era la matematica, infatti era velocissimo nel fare i calcoli con la tavola pitagorica e crede che questo fosse il suo forte. Ricorda che le classi erano miste, composte da maschi e femmine, non tutti erano nati nello stesso anno, qualcuno era più grande di lui.
All’età di 9 anni e precisamente d’Estate iniziò a pascolare le capre allontanandosi parecchi kilometri dall’ovile per poi far rientro svariate volte a notte fonda. Se ne occupò sino a 21 anni perchè nel 1939 partì militare lasciando nel gregge di suo padre le 45 capre che lui stesso aveva acquistato, nonostante quest’ultimo però, negli anni precedenti, pur avendole da sempre, non gliene regalò mai neanche una. Aveva investito nella pastorizia per garantirsi un futuro lavorativo sperando sempre che il periodo militare non durasse tanto. Invece nel 40’ scoppiò la guerra e lo trattennero per 4 anni e otto mesi.
A 22 anni, durante un breve periodo di licenza, si sposò con Gemma Tidu ed ebbero 5 figli.
Diciamo che la sua vita non è mai stata una discesa, ma nonostante questo ha mantenuto sempre quella fiducia verso tempi migliori che gli ha permesso di vivere in serenità e di essere un esempio di unione familiare.
Quest’anno per il suo 102esimo compleanno ha dovuto affrontare una nuova sfida, quella della pandemia di Covid19. Lo ha festeggiato in casa con le figlie ed i nipoti che abitano con lui e attraverso tante videochiamate. Non ricorda che sia mai esistito un periodo di simile reclusione.
L’anno scorso durante la nostra chiacchierata raccontava così della seconda guerra mondiale:
:<<Tutto iniziò con il reclutamento nel 39’ a Bologna dove rimasi 2 mesi in aeroporto. Sucessivamente fui mandato a Parma per frequentare un corso di autista e la maggior parte dei miei compagni promossi dopo la prova pratica venivano spediti in Africa. Io in africa non ci volevo andare perciò il giorno dell’esame escogitai un modo per evitarlo e quando mi chiesero di entrare nel cortile della caserma marcia indietro e proseguire tutto intorno al palazzo, feci degli errori appositamente per venir bocciato dal sottotenente. Così riuscii nel mio intento e ne fui felicissimo tant’è che lo ringraziai per la decisione.
Mi trasferirono poi all’aeroporto, sempre a Parma, dove ci rimasi una ventina di giorni facendo servizi di guardia, pulizie nelle cucine e degli aerei, dovevo spolverarli con uno spazzolone dal manico lunghissimo. Mi assegnarono poi un altro incarico per 25 giorni in un deposito di munizioni proprio perchè nel 1939 la Germania era già entrata in guerra con la Polonia e anche l’ Italia si stava preparando alle armi, quindi c’era un gran bisogno di munizioni. Stavo in alcuni magazzini sottoterra ad accatastare pile di 8 bombe da 50 kg ciascuna che venivano scaricate da un locomotore. Di fronte a queste stanze era locato il laboratorio dove si confezionavano ed una volta prodotte venivano sistemate all’interno del governale in alluminio pronte per il trasporto aereo.
Al termine di questa mia mansione proseguii poi la mia esperienza nel campo militare in Sardegna.
La guerra scoppiò in Italia il 10 Giugno quando io mi trovavo a Monserrato. Ricordo che ce lo comunicò il tenente Sesto Marcialis :<<Da oggi siamo in guerra>>.
In quel periodo prestavo servizio sempre a Monserrato presso un deposito di macchine(cento settantacinquesimo deposito RA: reggia areonautica). Ricordo che una volta qualcuno portò delle macchine nuove fiammanti ed io con altri 12 compagni facevamo i turni per fare loro la guardia. Ci rimasi un anno intero. Spesso dovevo fare 4 notti di fila, però ogni 13 giorni avevo una notte di riposo garantita. Eravamo organizzati in 3 turni : dalle sette alle 11, dalle 11 alle 3, dalle 3 alle sette del mattino. Quando si stava per smontare dal lavoro gli ultimi del turno dovevano spolverare i cofani delle macchine. Un giorno ero di guardia con un compagno che faceva il barbiere a tempo perso, giusto per guadagnare qualche spicciolo. Quella mattina io mi occupai come sempre di pulire la metà delle macchine mentre il mio compagno non lo fece, ed essendo in ritardo nell’altro lavoro da barbiere, andò via di tutta fretta senza pulirle. Arrivò quindi il maresciallo che abitava a Selargius e che aveva il compito di controllarci e chiese chi era in turno quel giorno ed io risposi :<< Io e Ciagnello>>. Io la metà del mio lavoro l’avevo fatto quindi sgridò Ciagnello.
Questo maresciallo era tutto particolare. Aveva fondato un’azienda agricola con conigli, porcellini d’india, maiali, galline e quando ammazzava un maiale o qualche gallina per portarli a casa sua, pretendeva però che andassimo noi a raccogliere i rifiuti e dar da mangiare ai suoi animali.
Un giorno io non ci andai perchè secondo il mio punto di vista esulava dalla mia mansione e mi rimproverò tanto :<< Perchè non sei andato a dar da mangiare ai miei animali?>>.
Gli risposi :<< Perchè la guerra non si vince dando da mangiare ai maiali ma si vince andando al fronte con la baionetta in canna>>.
E così da quel giorno non mi costrinse più a raccogliere i rifiuti della sua azienda.
Presto anche la mia mansione di custode di macchine giunse al termine. Presi servizio all’aeroporto (per sette mesi) facendo l’aiutante di un tenente. Abitava a Cagliari in via Baire al numero 116. Ogni giorno dovevo pulire i suoi stivaloni, preparare il lavamano dove si lavava la faccia e l’acqua pulita per il giorno dopo. E poi dovevo assecondare ogni sua richiesta come quella di acquistare pennelli e colori perchè aveva l’hobby della pittura.
Finito di fare l’attendente mi mandarono a prestare servizio presso la mensa dei sottoufficiali al centro del paese a Monserrato. Un giorno dopo tanti mesi dietro ai fornelli dissi al direttore di mensa che mi sentivo molto male e gli chiesi la cortesia di poter andar a casa di mia suocera che distava 250m da quel locale. Mi misi a letto per poi svegliarmi poco dopo di soprassalto a causa del suono della sirena. Scesi giù e vidi tantissime persone correre verso le campagne e anche io feci lo stesso non capendo esattamente cosa stesse succedendo. Al cessare dell ‘allarme ripresi la via di casa e capii cosa era accaduto. Avevano appena bombardato l’ aereoporto e il paese di Monserrato; quando arrivai di fronte alla casa realizzai che tutto era distrutto, era esplosa una bomba nella camera dove dormivo. Mi sentivo un miracolato, se non mi fossi svegliato avrebbero trovato il mio corpo in brandelli.
La notte rimasi là a dormire con le stelle mentre l’indomani mattina rientrai alla mensa ancora sotto shock. Il giorno dopo il mio comandante ci comunicò che il reparto era stato trasferito e che se avessi acconsentito mi avrebbe inserito nel reparto servizi a Sardara. Ci rimasi da Aprile fino al 27 settembre del 1943. Lì c‘era un campo di fortuna dove atterravano gli aerei italiani ed un giorno ho assistito al bombardamento di uno di questi. L’equipaggio era composto da 4 persone. Le vidi uscire dal velivolo e nella mente ho impressa ancora quella scena, avevano la pelle bruciata in più parti del corpo proprio come la cotenna dei maiali quando viene carbonizzata dal bruciatore. Uno di questi però parlava ancora, chiese di salutare la moglie ed i figli e sostenne di aver servito la patria; poi venne trasferito all’ospedale e da quel giorno non seppi più nulla.
Durante quegli anni ho assistito a tante altre situazioni davvero terribili e se ci penso io sono stato davvero fortunato.
Una volta congedato lavorai nel settore dell’edilizia. In Sardegna scarseggiavano le strade asfaltate perciò per diversi anni ci occupammo della loro costruzione e di tanti altri lavori,come per esempio il tratto da Perdasdefogu a Escalaplano, il cimitero nuovo a Perdas. Inoltre mi sono occupato anche della produzione della ghiaia. Ho fatto anche il mestiere di disinfestore nella lotta antimalarica sarda>>.
Longevità
:<<Quando ero piccolo la fettina non c’era tutti i giorni. Mangiavo minestrone, riso, polenta o anche solo pane e formaggio. Mia madre faceva il pane in casa e anche i malloreddus. A mio parere la mia longevità non dipende solo dalla mia sana alimentazione ma anche dal lavoro all’aria aperta, e io ne so qualcosa>>.
L’IMPORTANZA DEL LAVORARE LA TERRA
:<<Per diminuire lo spopolamento si dovrebbero costruire nuove strade e dovrebbe funzionare maggiormente il settore dell’edilizia.
Anche ritornare alla terra sarebbe un rimedio perchè se si abbandona questa non si vive. Ti racconto di un episodio che mi capitò a questo proposito: quando si laureò mia nipote discutendo la tesi a Cagliari fece una festicciola nel salone della chiesa a Perdas, invitando qualche suo professore. Questi rimasero anche a cena e ad un certo punto nel salotto di mio figlio si discuteva di agricoltura e i professori sostenevano che il contadino poteva essere considerato come l’ultima ruota del carro. Al sentire quelle parole credo che il mio cuore quasi si fermò. Presi fiato e risposi dicendo che io avrei classificato la loro professione all’ ultimo gradino della scala di importanza, perchè se non ci fossero i contadini voi cosa avreste mangiato? Secondo il mio punto di vista le persone sono tutte uguali, sia il laureato, il povero, il ricco, di fronte a Dio siamo tutti uguali. Io apprezzo chi ha studiato e lo stimo per questo, ma allo stesso tempo merita le mie lodi anche chi non ha avuto questa possibilità ma si è realizzato in altro modo. Io infatti non sono stato intelligente, non ho studiato e sono rimasto povero, ma non invidio ciò che hanno gli altri e non pretendo che lo diano a me. Anzi sono felicissimo se uno riesce ad avere successo.
Il valore di un uomo non è dato dai vestiti che porta, dalla macchina o dalla casa che possiede, dai calli o meno nelle mani. È dato da ben altro! Dipende dalla sua capacità di saper vivere avendo sempre in mente che ciò che ora è deriva in gran parte anche dai sacrifici e dalle professioni più umili e semplici che hanno sempre portato avanti i suoi avi>>.